sabato 22 dicembre 2007
Il gatto Pascià...
Quando la nave affonda i topi scappano – quando il gatto non c’è, i topi ballano.
Capitan Remo era il capo di un drappello di allegri topolini da nave, quei topi che scelgono a loro permanente dimora non la campagna, non una fogna, non lo sgabuzzino di una casetta rurale, ma la stiva di una nave. Possibilmente, una nave commerciale, quelle navi che, adibite al trasporto di generi alimentari, hanno le stive cariche di ogni ben di dio, pasta, sughi, pesce, carni, dolci, ed ogni sorta di cibarie utile per imbandire una degna tavola ‘topesca’. Quelle navi, ancora, che solcano gli oceani da un continente all’altro, in lunghi, lunghissimi viaggi densi di affascinanti avventure.
Certo, un tempo, all’alba delle grandi epiche traversate, le avventure erano all’ordine del giorno, fra tempeste, naufragi, pirati e corsari, e nuove terre da scoprire. Oggigiorno il viaggio non offre più troppe sorprese, le traversate, grazie all’alta velocità delle navi, sono divenute più brevi, i pirati si sono estinti, come i dinosauri, le fate, e le sirene.
Ad ogni modo ogni viaggio, per quanto comodo e sicuro, conserva un quid di mistero, e qualche piccolo imprevisto, qualche pericolo nascosto nell’ombra e pronto a balzare fuori con piglio felino. E proprio felino era, innanzitutto, il pericolo dal quale Capitan Remo e i suoi compagni dovevano guardarsi durante i loro viaggi: il gatto Pascià, l’obeso proprietario della nave Aurora.
Beh, non esattamente il proprietario, piuttosto il gatto del proprietario. Nondimeno Pascià si comportava precisamente da proprietario, e godeva di ogni sorta di privilegi: non era costretto a svolgere alcun lavoro, aveva libero accesso ad ogni luogo e aveva diritto al cibo migliore ed alle coccole di tutto l’equipaggio.
A dire il vero, normalmente Pascià non costituiva per i topolini di Capitan Remo un pericolo mortale. Essendo ben pasciuto, addirittura troppo pasciuto, di regola non riservava eccessive attenzioni ai topolini della stiva. Essenzialmente, spendeva il proprio tempo acciambellato su di una sedia accanto alla stufa, e se ne allontanava giusto il tempo di fare i suoi bisogni o di mangiare la sua pappa, sbocconcellando svogliatamente qui e là, da bravo gatto viziato qual era. Tuttavia un gatto è pur sempre un gatto, e come tale non cessa, per quanto pigro possa essere, di costituire per un topo un possibile, sia pur remoto, rischio. Un minimo d’attenzione era sempre consigliabile.
L’altro pericolo, non eliminabile, era il mare stesso. Certo, le navi oggi sono molto più resistenti, grandi e sicure di un tempo, ma il mare è una forza ignota e misteriosa, e dall’oleosa distesa della bonaccia può, sotto l’impeto di venti inattesi, trasformarsi d’improvviso nella più spaventosa tempesta che si sia mai vista. E spazzare via un grosso bastimento come un fuscello di canna in una brezza autunnale. E qui non c’è cautela che possa aiutare, quando la tempesta arriva, arriva e basta. E se la nave comincia ad affondare, allora resta solo la fuga.
E i topi sono dei veri esperti in questo genere di fughe. Lo dice anche il proverbio: quando la nave affonda, i topi scappano. Rapidi ed organizzati, senza farsi prendere dal panico, al primo segnale di pericolo, prendono ordinatamente posto sulle scialuppe di salvataggio, le femmine e i cuccioli per primi, i maschi poi, e si lasciano scivolare sereni verso la salvezza.
Non c’è nulla di male, al contrario, è un comportamento saggio e ragionevole. Voi non scappereste forse, se la vostra nave stesse affondando? Chiunque dotato di un briciolo di buon senso lo farebbe. Tuttavia, la saggezza e la ragione sovente non trovano posto nel nostro mondo di insensatezze. Sicché la fuga viene dai più giudicata come sintomo di vergognosa vigliaccheria. E di conseguenza i topi che, come recita il proverbio, scappano, sono universalmente ritenuti inguaribili vigliacchi. E’ sbagliato, è ingiusto, ma che ci volete fare?, così è la vita.
Per Capitan Remo questa fama di codardia che aleggiava intorno alla sua gente era però motivo di grande cruccio. Ed era determinato a mostrare al mondo che no, i topi non sono affatto i vigliacchi animali di cui tanto si vocifera, al contrario, sono coraggiosi e temerari oltre ogni limite. Al pari dei leoni, al pari delle tigri, al pari delle creature più temute e rispettate nel selvaggio mondo della natura.
E per dare finalmente la prova di tutto il misconosciuto ardire dei roditori, da tempo si era organizzato: con grande tenacia e perseveranza aveva istruito tutto il suo gruppo a resistere al naturale impulso di fuggire il pericolo. Aveva tenuto lunghe lezioni teoriche sulla virtù del coraggio, ed aveva organizzato numerose prove pratiche per forgiare il carattere dei suoi topi ed inibire la propensione alla fuga.
Un corso intensivo di temerarietà.
Al termine del corso, la prova d’esame: recarsi con aria decisa, senza esitazioni d’alcun genere, presso la ciotola del gatto Pascià, mangiarne il contenuto con indolenza, e rimanere fermi per almeno trenta secondi ad attendere intrepidi le spaventose conseguenze.
La ‘spaventosa’ conseguenza era invero che il gatto Pascià, avvolto nella sua pelliccia bianca, dall’alto della sua sedia presso la stufa, se ne restava immobile a guardare questa lunga teoria di topi che andavano e venivano dalla sua ciotola, troppo sbigottito per profferire verbo. Ma se il topo riusciva a terminare la prova resistendo all’insopprimibile impulso di darsi alla fuga, allora l’esame era superato, e il topo era promosso.
Tutti i topi di Capitan Remo superarono brillantemente l’esame.
Il capitano era soddisfatto. Quando se ne fosse presentata l’occasione, i suoi topi non sarebbero fuggiti da una nave che affonda, ma ritti sull’attenti, la zampetta destra orizzontale sulla fronte in segno di saluto militare, avrebbero affrontato la morte senza paura, e finalmente il mondo avrebbe riconosciuto il grande coraggio insito nella natura topesca.
E l’occasione si presentò, purtroppo, anche troppo presto!
La giornata era cominciata bene, c’era perfino il sole, su in coperta. I topi, sparpagliati qui e là nella stiva, erano intenti alle abituali occupazioni, chi cucinava, chi leggeva il giornale, chi schiacciava un pisolino, i piccoli si rincorrevano ruzzanti e felice… insomma, il solito. Quando all’improvviso il cielo si oscurò tutto, nubi dense come pece scivolarono sull’orizzonte, e tuoni, lampi, fulmini, e il mare prese a sollevarsi con vigore, scuotendo forte tutta la nave. Onde gigantesche si abbattevano sulla fiancata, sollevavano la nave e la proiettavano di nuovo con forza verso il basso. E infine il mare si aprì un varco nella fiancata, e la nave prese ad affondare, lenta e pesante, come un elefante che muore.
I marinai, bene addestrati, prepararono le scialuppe di salvataggio.
I topi, bene addestrati, si disposero in due file, dritti sulle zampette, immobili, concentrati, pronti a dar la prova del loro coraggio. Pronti a coraggiosamente morire.
Ma morire, era davvero coraggio? O non era piuttosto banale stupido esibizionismo?
Questo si chiedeva, Capitan Remo, al cospetto della sua truppa di topi.
E guardava quei musetti innocenti che avevano creduto alla necessità di dimostrare il loro coraggio dando la vita, che avevano creduto in lui, e d’un tratto avvertì tutta la stupida insensatezza dei suoi ordini, dei corsi, delle prove. A che pro? Cosa ne sarebbe rimasto, alla fine? Un drappello di topi morti, ecco cosa ne sarebbe rimasto. Morti inutili. Per causa sua.
Così si alzò davanti alla sua fedele truppa e diede un ordine secco, perentorio: scappare, di corsa, tutti, prima che fosse troppo tardi.
Ma troppo tardi lo era, purtroppo.
Non che non ci fosse più il tempo materiale per fuggire, no, quello in verità c’era, tutto.
Ma nel momento esatto in cui, impartito l’ordine di fuggire, i topi in coperta si apprestavano a lasciare la nave, il gatto Pascià scivolava aggraziato in una delle scialuppe e… quando il gatto non c’è, lo impone il proverbio, i topi ballano!
Così non appena il gatto fu sulla scialuppa, in salvo, fuori della nave, i topi sentirono l’irresistibile impulso a ballare. E ballarono, tutti, in coppie, in quadriglie, ballavano il tango, il foxtrot, la macarena, il flamenco… La nave affondava, e i topi ballavano.
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