...stavo pensando se fosse possibile provare nostalgia per qualcosa che non si è mai conosciuto...anelito misto a rimpianto...mancanza...ecco...credo sia la parola giusta...MANCANZA...
anche il gesto del raccontare, del narrare, è un modo di recuperare una sorta di nostalgia per le cose che si scrivono...
"...mio fratello mi ha domandato che cosa ne pensavo io di tutta questa storia che ho appena finito di raccontarvi, non ho saputo che accidenti dirgli...se proprio volete saperlo non so che cosa ne penso, mi dispiace però averla raccontata a tanta gente, io suppergiù so soltanto che sento la mancanza di tutti quelli di cui ho parlato...è buffo...non raccontate mai niente a nessuno...se lo fate, finisce che sentite la mancanza di tutti..."
...finisce che sentite la mancanza di tutti...
questo, è un brano tratto da "Il giovane Holden" di J.H. Salinger, per l'esattezza le parole finali di un libro dal titolo intraducibile (The catcher in the ride), che appena uscì negli anni '50 in America, divenne la bandiera di una generazione che non ci stava, che non voleva arrendersi al sistema e ad un certo tipo di vita che gli veniva imposto...
...un libro, che nella nostra ricerca della molteplicità di utilizzo e di senso della parola fatta testo, riveste un ruolo particolare nel farci scoprire una dimensione altra da quella che appare a prima vista; in realtà la trama del giovane Holden è molto semplice...un pò infantile...quasi banale...un ragazzo che esce dal college alla Vigilia di Natale, e cerca di allontanare il più possibile il momento in cui arriverà a casa davanti a suo padre, a dirgli che è stato espulso da scuola...per l'ennesima volta...tutto qui...il libro è tutto qui...se non fosse per il modo in cui questo ragazzino legge il mondo e vede quello che sta dietro...la quarta fila...quasi che la ribellione per quello che sta davanti, sia la clausola necessaria per diventare dei geni nella scoperta di ciò che sta nelle retrovie...le ragioni del vedere che si mescolano con quelle dello scrivere...
...ma niente senso della vita...niente scoperte da vecchio saggio...niente battute ad effetto...solo leggerezza...
Holden usa, per cercare di farci comprendere questa dimensione altra, un esempio strepitoso di contrapposizione, la visita al museo...immutabilità vs cambiamento...
"...ma la cosa migliore di quel museo, era che tutto stava sempre allo stesso posto, nessuno si muoveva, potevi andarci centomila volte e l'eschimese aveva sempre appena finito di prendere quei due pesci...gli uccelli stavano ancora andando a sud...i cervi stavano ancora abbeverandosi con le loro belle corna e le belle esili zampe...e la squaw col petto nudo stava ancora tessendo la stessa coperta...nessuno era mai diverso, l'unico ad essere diverso eri tu; non è che fossi molto più grande, no niente di simile, non era proprio questo, era solo che eri diverso, ecco tutto...stavolta avevi addosso il soprabito magari, oppure il bambino che avevi vicino l'ultima volta si era preso la scarlattina e avevi un nuovo compagno, oppure avevi sentito papà e mamma che litigavano come forsennati nella stanza da bagno, oppure per la strada eri appena passato vicino ad una di quelle pozzanghere dove la benzina fa l'arcobaleno...voglio dire, eri diverso, per una ragione o per l'altra, non so spiegare quello che avevo in mente per sentirmi diverso...e anche se sapessi farlo, non sono sicuro che ne avrei voglia..."
...quarta fila...
mercoledì 17 ottobre 2007
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