martedì 7 ottobre 2008

...l'inverno del nostro scontento...

...il pessimismo è un pleonasmo...anticipazione di quello che accadrà...



...del crollo degli dèi una cosa si può dire con certezza...non è un crollo da poco... si frantumano fracassandosi o affondano giù in una melma verdastra...è una noia doverli ricostruire...non tornano più a brillare...

giovedì 2 ottobre 2008

...il supremo pericolo della volontà...

arte...soltanto essa può spiegare quei pensieri nauseati per l'orrore o l'assurdità dell'esistenza in rappresentazioni con cui si possa vivere...il sublime come addomesticamento artistico dell'orrore e il comico come sfogo artistico del disgusto per l'assurdo...



Chi mi dice ti amo
chi mi dice ti amo
ma togli il cane
escluso il cane
tutti gli altri son cattivi
pressoché poco disponibili
miscredenti e ortodossi
di aforismi perduti nel nulla

chi mi dice ti amo
chi mi dice ti amo
se togli il cane
escluso il cane
non rimane che gente assurda
con le loro facili soluzioni
nei loro occhi c'è un cannone
e un elisir di riflessione

e tu non torni qui da me eh eh
perché non torni più da me
...
Chi mi dice ti amo
chi mi dice ti amo
ma togli il cane
escluso il cane
paranoia e dispersione
inerzia grigia e films d'azione
allestite anche le unioni
dalle ditte di canzoni

e tu non torni più da me eh eh
perché non torni più da me

e tu non torni qui da me eh eh
perché non torni più da me
...

...che cos'è parola...

...uno stimolo nervoso trasferito in un'immagine...prima metafora...l'immagine poi plasmata in un suono...seconda metafora...ogni volta un cambiamento completo...cambiamento...passaggio...sovvertimento...è la musica...la sonorità...il grido...il cuore del coro da cui nasce la tragedia...



...il coro...il luogo della disposizione musicale...la spazialità dell'incanto sonoro...

E' vero, siamo tutti greci...veniamo tutti di lì...ma poi di fronte a certi linguaggi ci prendono i brividi...le tragedie sono un mistero di cui abbiamo completamente perso la memoria...memoria di come le usassero...memoria di come si divertissero a sentirsene coinvolti e poi ancora...all'interno...il coro...un lavoro da crittografi per decifrare déi strani dei quali si è persa la memoria...chi fossero...cosa facessero...poi un coro è un coro perchè si canta...strano...noi abbiamo soltanto le parole non conserviamo memoria della musica...una limitazione ma anche una libertà che traguarda gli spazi...il dentro...il fuori...i caratteri...

Eschilo...Sette contro Tebe

...due fratelli...Eteocle e Polinice...nemici...sono ancora ragazzi, principi...lottano per il possesso di Tebe dopo la morte di Edipo...Eteocle tiene la città...Polinice la assedia con un esercito enorme pericoloso...l'assedio dura ormai da diverse settimane...dentro la città i tebani che cercano di difendersi...l'emotività è lasciata all'espressività e all'impeto di un gruppo di fanciulle...non vecchi...non donne...un coro di fanciulle che non avendo compiti in questa contingenza può quantomeno osservare...

CORO
Ululo orrore abisso d'angoscia:
dilaga l'armata.
Straripa dal campo marea vasta fulminea di gente al galoppo.
La vedo! È spia quel volo di polvere in cielo:
non ha voce ma parla sicuro non mente.
La mia terra è preda di zoccoli cupi.
S'insinua il rombo s'impenna rugge:
un'acqua a schiantare la rupe diresti
trionfante.
Dèi oh dee sperdete quest'alba di male.
Urlio varca la cinta. Barbaglio di scudi.
Il nemico si muove schierato ritma il passo su Tebe.
Chi farà scudo? Chi potrà arginare
un dio una dea?
Che altro mi resta se non adorare prostrata i Potenti?
O Maestà benedette
culmina l'ora d'abbracciare le sante effigi.
Pianto su pianto: vano l'indugio.
Vi giunge o non vi giunge battito di scudi?
Se non oggi quando intrecceremo suppliche fatte di veli e ghirlande?
Ho negli occhi il tumulto: non è cozzo di lancia solitaria!
Che decidi? Rinneghi vecchio dio del paese
o Ares la tua Tebe?
O potente Elmo d'Oro volgi gli occhi alla terra che un tempo legasti al tuo affetto.

...il dentro...il fuori...la contrapposizione...il campo esterno è enorme mentre il gruppo dapprima spavaldo all'interno si fa sempre più stretto...

Celesti patroni di Tebe apparite guardate quest'ala di donne che fa voti per non essere schiava.
Rigurgita accerchia la cinta
marea di eroi.
Spumeggiare di creste ai soffi rabbiosi di Morte.
O cosmica Potenza Zeus padre sbarra senza spiragli l'assalto predone.
E gli Argivi attanagliano la fortezza di Cadmo: orrore
lame nemiche!
In bocca ai cavalli le briglie battono ritmo omicida.
Sette eroi - gemme in mezzo all'armata - corazze irte di picche ai sette varchi si schierano: ciascuno al suo posto fatale.

Figlia di Zeus Potenza che nel sangue hai la lotta fa' barriera al paese o Atena!
E tu o Santo che cavalchi e reggi l'abisso con l'arma che arpiona
Posidone sciogli sciogli noi dall'angoscia!
E tu Ares veglia sul borgo che ha Cadmo nel nome: fa' capire ch'è tuo che l'ami! Tu Cipride radice materna del sangue storna ogni male: da te noi siamo sorti e a te ricorriamo col canto in cui vibra il tuo nome divino.
E tu dio del Lupo fatti sterminatore del lupo armato nemico...
E tu figliuola di Leto arma il tuo arco.

Fragore di ruote accerchia la rocca lo sento!
O Maestosa Era ululavano i perni per lo sforzo degli assi:
Artemide mia l'aria pulsa folle squarciata di dardi.
Che accadrà della patria? Che ne sarà?
Fin dove dio sospinge il limite estremo?

Sassaiola bersaglia gli spalti lassù: o Apollo mio!
Rombo di piastre metalliche ai varchi.
Esaudisci tu che al cenno di Zeus risolvi con fine solenne la guerra
sul campo.
E tu santa benedetta Onca fuori le mura salva il tuo sacrario dalle sette porte!

Dèi dèe cosmiche Forze Potenze estreme scolte ai baluardi della patria non tradite il paese segnato dal ferro all'armata che parla straniero.
Esaudite - come è santo e giusto - queste donne in preghiera con le palme protese.
Oh mie Potenze divine curvatevi su Tebe salvatrici splendete di luce d'amore. Prendetevi a cuore il popolo devoto e se il cuore vi spinge lo porrete in salvo. Fate mente vi prego ai riti solenni in cui si consuma l'amore di Tebe.


...aspettativa comune di morte...sempre più stringente...sempre più imminente...i cardini delle porte di Tebe stanno cedendo all'impeto ed Eschilo mette in atto l'astuzia più sottile...l'astuzia ultima...o Zeus potenza divina difendimi dalle forze contrarie...strani tipi questi greci antichi...partono per descriverti una battaglia e tu stai lì e pensi di esservi nel mezzo e poi invece finisce che ti raccontano come abbiamo imparato a pregare...

mercoledì 24 settembre 2008

...non era la mia giornata...nè la mia settimana...nè il mio mese...nè il mio anno...nè la mia vita...accidenti...



...nell'ultimo sogno che avevo fatto ero disteso sotto un elefante, non riuscivo a muovermi e lui stava mollando uno degli stronzi più grandi che avete mai visto, stava proprio per cadere quando il mio gatto, Hamburger, mi aveva camminato sulla testa e mi ero svegliato...se raccontate un sogno simile a uno strizzacervelli lui ne cava fuori qualcosa di terribile. Dato che lo pagate troppo, vuole assicurarsi che vi sentiate male. Vi dirà che lo stronzo è un pene e che voi o ne avete paura o lo desiderate, qualche cavolata del genere...quello che intende davvero è che lui ha paura del pene o lo desidera...è solo un sogno a proposito di un grande stronzo di elefante, niente più...a volte le cose sono proprio come sembrano, ecco tutto. Tenetevi in tasca i soldi...o puntateli su un buon cavallo...in fin dei conti non ero ancora morto...solo in uno stato di rapido decadimento...

C. Bukowski "Pulp"

...ossessione come irragionevolezza strutturale...insomma...un buon inizio...

lunedì 11 agosto 2008

...consiglieri...




Solitario può essere paradossalmente indistinguibile da solidale...tenacemente al fianco della propria morte...al fine contrapposizione tra essere accessibile e essere altro...quel pensiero diverso che vorremmo ricacciare nel profondo...sorpresi...spaventati da quanto gli abbiamo sentito suggerirci...

"...mi sentivo profondamente avvilito e non lo vidi chinarsi su di me finchè non mi sussurrò qualcosa all'orecchio. All'inizio non capii, allora lo ripetè. Mi disse di voltarmi facendo finta di nulla e di guardare verso un masso che stava alla mia sinistra. Disse che la mia morte mi stava osservando e che se mi fossi girato al suo segnale forse sarei riuscito a vederla. Mi fece segno con gli occhi. Mi voltai e mi sembrò di cogliere un guizzo sulla roccia. Sentii un brivido, i muscoli addominali mi si contrassero involontariamente e avvertii uno spasmo. Dopo un momento mi ricomposi e cercai di darmi una spiegazione razionale: quel movimento guizzante era stato un'illusione ottica provocata dal fatto che mi ero voltato all'improvviso. La morte è la nostra eterna compagna, disse Don Juan molto seriamente. E' sempre alla nostra sinistra, alla distanza di un braccio. Ti stava osservando...ti ha sussurrato nelle orecchie e tu hai sentito un brivido...ti ha sempre osservato e lo farà sempre fino al giorno in cui busserà alla tua porta. Tese il braccio a sfiorarmi leggermente la spalla e nello stesso tempo produsse un profondo schiocco con la lingua...l'effetto fu devastante, fui quasi sul punto di vomitare. Si...disse dopo una lunga pausa...uno di noi qui deve cambiare e in fretta...uno di noi deve imparare di nuovo che la morte è il cacciatore e che sta sempre alla nostra sinistra..."

C. Castaneda "Viaggio a Ixtlan" 1972

sarkasmos...tagliare un pezzo di carne da qualcuno...volontariamente beffardo...




...bitter...


Altare: Luogo sul quale anticamente il sacerdote interrogava le viscere della vittima sacrificale per trarne gli auspici e ne cuoceva le carni per gli dei. Parola oggi poco usata, se non in riferimento al volontario sacrificio della libertà e della pace compiuto da due stolti individui di sesso diverso.

Amicizia: Una nave abbastanza grande per portare due persone quando si naviga in buone acque, ma riservata a una sola quando le acque si fanno difficili.

Ammirazione: La nostra cortese ammissione che un'altra persona ci somiglia.

Ammirevole: Quello che faccio bene io, da non confondere con quello fai bene tu.

Ammissione: Confessare. L'ammissione delle altrui colpe è uno dei più nobili doveri imposti dall'amore per la verità.

Amore: Parola inventata dai poeti per far rima con cuore.

Angoscia: Malattia che si contrae davanti allo spettacolo continuato della prosperità di un amico.

Anno: Una serie di trecentosessantacinque delusioni.

Antipatia: L'ispira l'amico dell'amico.

Applauso: L'eco di un luogo comune.

Astinente: Dicesi di persona debole che non sa resistere alla tentazione di negarsi un piacere.

Audacia: Una delle più notevoli qualità dell'uomo quando è in una posizione inattaccabile.

Bellezza: Il mezzo con cui una donna conquista l'amante e terrorizza il marito.

Bruttezza: Dono che gli dei fanno a certe donne, e che rende possibile la virtù senza l'esercizio dell'umiltà.

Calamità: Le calamità sono di due tipi: la nostra sfortuna e la fortuna degli altri.

Cannone: Strumento impiegato per la rettifica dei confini nazionali.

Catechismo: Una scelta di indovinelli teologici in cui dubbi universali ed eterni vengono risolti con risposte limitate ed evasive.

Cavolo: Ortaggio familiare ai nostri orti e alle nostre cucine, grosso e saggio all'incirca quanto la testa di un uomo.

Cervello: Organo con cui pensiamo di pensare.

Cinico: Mascalzone che, a causa di un difetto alla vista, vede le cose come realmente sono e non come dovrebbero essere.

Compromesso: La composizione di un conflitto di interessi che dà a entrambi i contendenti la soddisfazione di pensare di aver ottenuto qualcosa di insperato, e di perdere soltanto entro i limiti del dovuto.

Confessione: Sacramento per cui il sacerdote si dispone a perdonare i peccati grossi in cambio del piacere di sentirsi raccontare quelli piccoli.

Confine: In politica, la linea immaginaria fra due nazioni che separa gli immaginari diritti dell'una dagli immaginari diritti dell'altra.

Consultare: Consiste nel richiedere l'approvazione altrui in merito a una decisione già adottata.

Convento. Luogo di ritiro per signore che desiderano poter meditare a loro agio sugli effetti letali dell'ozio.

Cristiano: Seguace degli insegnamenti di Cristo finché questi non contraddicano i peccati cui indulge più volentieri.

Dentista: Un prestigiatore che, dopo aver messo del metallo nella tua bocca, tira fuori monete dalle tue tasche.

Destino: Misteriosa entità che dovrebbe controllare tutte le sorti umane e che viene invocata soprattutto da chi sbaglia per scusare il proprio insuccesso e dai tiranni per giustificare i propri crimini.

Diagnosi: Talento molto sviluppato fra i medici che consiste nell'intuire l'entità del conto in banca del paziente in modo da poter stabilire quanto a lungo debba essere ammalato.

Dilettante: Pubblica calamità che scambia il gusto con il talento e confonde la sua ambizione con le sue capacità effettive.

Diplomazia: L'arte e il dovere di mentire per il proprio paese.

Discussione: Uno dei tanti metodi per confermare gli altri nei loro errori.

Dottore: Un gentiluomo che prospera con le malattie e muore con la buona salute. (

Egocentrico: Persona dai gusti volgari, più interessata a se stessa che a me.

Egoista: Persona priva di considerazione per l'egoismo altrui.

Epidemia: Malattia a tendenza sociale e assolutamente sgombra da pregiudizi.

Epitaffio: Iscrizione tombale che dimostra chiaramente come le virtù acquisite con la morte abbiano effetto retroattivo.

Età avanzata: Momento della vita in cui si chiude un occhio sui vizi che ci si possono ancora concedere e si scagliano fulmini su quelli che non si è più in grado di commettere.

Fedeltà: Virtù particolare che contraddistingue coloro che stanno per essere traditi.

Felicità: Gradevole sensazione suscitata dalla contemplazione delle miserie altrui.

Gentile: Esperto nell'arte e nella pratica della dissimulazione.

Gratitudine: Un sentimento che sta a metà strada fra il beneficio ricevuto e quello previsto o atteso.

Intelligenza: Nella nostra civiltà, e nella nostra forma di governo repubblicano, l'intelligenza è tenuta in così alta considerazione che la si esonera automaticamente dal peso di qualsiasi pubblico ufficio.

Interprete: Chi mette due persone di lingua diversa in grado di capirsi, ripetendo all'uno e all'altro quello che gli fa comodo abbiano detto.

Istruzione: Quella dote che spiega al saggio e nasconde allo stolto i motivi della loro incapacità di capire.

Matrimonio: Lo stato o condizione di una piccola comunità, costituita da un padrone, una padrona, e due schiavi: in tutto due persone.

Mendicità: La condizione di chi ha fatto affidamento sulla solidarietà degli amici.

Moglie: Una donna con uno splendido avvenire dietro le spalle.

Mortalità: La faccia dell'immortalità che noi conosciamo.

Nozze: Cerimonia nella quale due persone si impegnano a diventarne una, una persona si riduce al nulla, e il nulla da allora sarà più sopportabile.

Omeopata: L'umorista della professione medica.

Ozio: Intervalli di lucidità nei disordini della vita.

Pace: Nel diritto internazionale, si definissce così un periodo di inganni reciproci compreso fra due fasi di combattimento aperto.

Pazienza: Forma minore di disperazione, travestita da nobile virtù.

Politica: Conflitto di interessi mascherato da lotta fra opposte fazioni. Conduzione di affari pubblici per interessi privati.

Pregare: Pretendere che le leggi dell'universo vengano annullate a favore di un singolo postulante, il quale se ne confessa del tutto indegno.

Prete: Gentiluomo che sostiene di conoscere la giusta direzione per raggiungere il Paradiso, e pretende di estorcerci un pedaggio per quel tratto di strada.

Profezia: L'arte di vendere la propria credibilità impegnandosi a consegnarla a domicilio più avanti.

Realtà: Il sogno di un filosofo impazzito.

Riconsiderare: Cercare una giustificazione per una decisione già presa.

Rifiuto: Ci sono vari tipi di rifiuto, graduati secondo una scala discendente di finalità: il rifiuto assoluto, il rifiuto condizionale, il rifiuto probabile o ipotetico e il rifiuto femminile. Quest'ultimo tipo viene anche chiamato da alcuni studiosi il rifiuto affermativo.

Seccatore: Persona che parla quando tu vorresti che ascoltasse.

Storia: Resoconto per lo più falso di eventi per lo più irrilevanti provocati da sovrani per lo più mascalzoni e da soldati per lo più folli.

Telefono: Infernale invenzione che elimina purtroppo parte dei vantaggi inerenti alla saggia abitudine di tenere a distanza le persone sgradevoli.

Ultimatum: In diplomazia, è l'ultima richiesta prima di passare alle concessioni.

Vigliacco: Chi, nell'emergenza del pericolo, pensa con le proprie gambe.

Zelo: Malattia nervosa che colpisce talvolta i giovani e gli inesperti.


[Satana] "Vorrei chiedere un unico favore" egli disse. [Dio] "Di' pure". "Mi risulta che sta per essere creato l'uomo. Avrà bisogno di leggi". "Miserabile! Tu, destinato ad essere il suo avversario, tu, che dall'alba dell'eternità sei stato riempito d'odio per l'anima sua, tu chiedi il diritto di fargli le leggi?". "Chiedo perdono; ciò che domando è che gli sia permesso di farsele da solo". E così fu ordinato.

A. Bierce "Dizionario del diavolo" 1909

venerdì 1 agosto 2008

Leonia della seconda era NaziFascista


Leonia, la città seppellita dai rifiuti
di Italo Calvino
La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra
lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall’involucro, indossa vestaglie
nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi,
ascoltando le ultime filastrocche dall’ultimo modello d’apparecchio.
Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d’ieri
aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo tubi di dentifricio schiacciati, lampadine
fulminate, giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche scaldabagni,
enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose che ogni giorno
vengono fabbricate vendute comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni
giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera
passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non
piuttosto l’espellere, l’allontanare da sé, il mondarsi d’una ricorrente impurità. Certo è
che gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere il resto
dell’esistenza di ieri è circondato da un rispetto silenzioso, come un rito che ispira
devozione, o forse solo perché una volta portata via la roba nessuno vuole più averci da
pensare.
Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori della
città, certo; ma ogni anno la città s’espande, e gli immondezzai devono arretrare più
lontano; l’imponenza del gettito aumenta e le cataste s’innalzano, si stratificano, si
dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l’arte di Leonia eccelle nel
fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo,
alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. E’ una fortezza di rimasugli
indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di
montagne.
Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo
passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la
città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d’ieri
che s’ammucchiano sulle spazzature dell’altro ieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.
Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato
immondezzaio non stessero premendo, al di là dell’estremo crinale, immondezzai
d’altre città, che anch’esse respingono lontano da sè montagne di rifiuti. Forse il mondo
intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al
centro una metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche
sono bastioni infetti in cui i detriti dell’una e dell’altra si puntellano a vicenda, si
sovrastano, si mescolano.
Più ne cresce l’altezza, più incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un
vecchio pneumatico, un fiasco spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di
scarpe spaiate, calendari d’anni trascorsi, fiori secchi sommergerà la città nel proprio
passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle città limitrofe,
finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni
traccia della metropoli sempre vestita a nuovo. Già dalle città vicine sono pronti coi rulli
compressori: per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire se stesse,
allontanare i nuovi immondezzai.
Da Italo Calvino, Le città invisibili, Torino, Einaudi, 1972, p. 119

martedì 22 luglio 2008

...vagolare...frequentativo di vagare...




...e correvo...come se fosse una pista...sul tappeto della mia stanza...voltandomi di nuovo...infastidita dalla visione della strada illuminata e trovavo in fondo alla camera una meta...un perchè nuovi nella profondità dello specchio...e le parole...convulse...solo per udirle...alle quali nulla risponde e nulla toglie forza e salgono senza peso alcuno e non possono finire neppure quando ammutoliscono...

Ignudi fra i nudisti



Partirò, partirò.

Ogni estate c’è un dilemma estivo:
Se andare al mare o andare ai monti.
Dobbiamo decidere.

Io ad esempio voglio andare al mare:
Fare il bagno con le arselle alle Seychelles.
Io ad esempio voglio andare ai monti:
Là sulla vetta insieme all’orso.
A me in montagna
Mi prende la voglia di andare al mare.
Mi butto dal monte,
Tu sorridi, io m’angoscio.
Io e te nell’eremo.
Sono scettico:
Il decoder lì non va.
Vai con gli asceti
Ma sono ascetici

Noi ignudi fra i nudisti
Noi ignudi fra i nudisti
"Mi brucerò i seni"
Non dir cagate
"Mi entra la sabbia"
Quante cagate.

Partirò, partirò.

Ah in montagna ci si rompe il cazzo
Al mare c’è l’afa, ai monti il puma feroce
Che vuole ucciderci;
Sì l’ho visto ieri a Quark.
“Ah, sono scettica”
Sono scettico

Noi ignudi fra i nudisti
Noi ignudi fra i nudisti
“Mi brucerò i seni”
Quante cagate
“Mi entra la sabbia”
Tutte cagate
“Ho la pelle secca”
Ti spalmo l’olio.

Partirò, partirò.

Poi andiamo un po’ in disco,
O in steakhouse.
Sarà bello stare ignudi al mare:
Sul bagnasciuga
Fare il sudoku.

lunedì 21 luglio 2008

...deve essere stato come prendere d'assalto il cielo...




Ascesi senza mano che valida

mi sorreggesse, né orme ch’abili

io nuovo seguissi

su l’orlo d’esanimi abissi.



Ascesi il monte senza lo strepito

delle compagne grida. Silenzio.

Né cupi sconforti

Non voce, che voci di morti.



Da me, da solo, solo con l’anima,

con la piccozza d’acciar ceruleo,

su lento, su anelo,

su sempre; spezzandoti, o gelo!



E salgo ancora, da me, facendomi

da me la scala, tacito, assiduo;

nel gelo che spezzo,

scavandomi il fine ed il mezzo.


...da G. Pascoli "La piccozza"

venerdì 18 luglio 2008

Ineluttabilità...




...il primo sorso è gioia...il secondo letizia...il terzo serenità...il quarto follia...il quinto estasi...

...soggezione...



Rinunciare...ecco si...credo si tratti di questo...essenzialmente il significato recondito è saper rinunciare...quando ci si trova davanti ad una pagina priva di punteggiatura la sensazione è di procedere a fari spenti nel buio...si sa dove si è...si controlla più o meno quello che ci si trova immediatamente davanti...ma poi più nulla...ci si perde facilmente e quando si legge è facile che ad un certo punto si debba rinunciare a capire il vero significato delle parole...se ne colgono alcune nella moltitudine...ma il piacere vero diventa trovarsi in questo luogo ricolmo di ritmo...suono...spazio...e idea di un mondo che non vivremo mai...poi qua e là parole e significati...piccoli frammenti di storie...ma più di ogni altra cosa spazio e ritmo...

"...e poi una bella piantina in mezzo alla tavola si trova a minor prezzo da un momento dove le ho viste non è mica molto i fiori mi piacciono vorrei che la casa traboccasse di rose Dio del cielo non c'è niente come la natura le montagne selvagge poi il mare e le onde galoppanti poi la bella campagna con i campi d'avena e di grano e ogni specie di cose e tutti quei begli animali in giro ti farebbe bene al cuore veder fiumi e laghi e fiori ogni specie di forme e odori e colori che spuntano anche dai fossi primule e violette è questa la natura e quelli che dicono che non c'è un Dio non darei un soldo bucato di tutta la loro sapienza perchè non provano loro a creare qualcosa gliel'ho chiesto spesso gli atei o come diavolo si chiamano vadano e si lavino un pò prima e poi strillano per avere il prete quando stanno per morire e perchè perchè perchè han paura dell'inferno per via della loro cattiva coscienza ah sì li conosco bene chi è stato il primo nell'universo prima che ci fosse qualcun altro che ha fatto tutto chi ah non lo sanno e nemmeno io eccoci tanto vale che cerchino di impedire che domani sorga il sole il sole splende per te disse lui quel giorno che eravamo stesi tra i rododendri sul promontorio di Howth con quel suo vestito di tweed grigio e la paglietta il giorno che gli feci fare la dichiarazione sì prima gli passai in bocca quel pezzetto di biscotto all'anice e era un anno bisestile come ora sì 16 anni fa Dio mio dopo quel bacio così lungo non avevo più fiato sì disse che ero un fior di montagna sì siamo tutti fiori allora un corpo di donna sì è stata una delle poche cose giuste che ha detto in vita sua e il sole splende per te oggi sì perciò mi piacque sì perchè vidi che capiva o almeno sentiva cos'è una donna e io sapevo che me lo sarei rigirato come volevo e gli detti quanto più piacere potevo per portarlo a quel punto finchè non mi chiese di dir di sì e io dapprincipio non volevo rispondere guardavo il cielo e il mare pensavo a tante cose che lui non sapeva di Mulvey e Mr Stanhope e Hester e papà e il vecchio capitano Groves e i marinai che giocavano al piattello e alla cavallina come dicevan loro sul molo e la sentinella davanti alla casa del governatore con quella cosa attorno all'elmetto bianco povero diavolo mezzo arrostito e le ragazze spagnole che ridevano nei loro scialli e quei pettini alti e le aste la mattina i greci e gli ebrei e gli arabi e il diavolo chi sa altro da tutte le parti d'Europa e Duke street e il mercato del pollame un gran pigolio davanti a Larby Sharon e i poveri ciuchini che inciampavano mezzi addormentati e gli uomini avvolti nei loro mantelli addormentati all'ombra sugli scalini e le grandi ruote dei carri dei tori e il vecchio castello vecchio di mill'anni sì e quei bei Mori tutti in bianco e turbanti come re che ti chiedevano di metterti a sedere in quei loro buchi di botteghe e Ronda con le vecchie finestre delle posadas 2 fulgidi occhi celava l'inferriata perchè il suo amante baciasse le sbarre e le gargotte mezzo aperte la notte e le nacchere e la notte che perdemmo il battello ad Algesiras il sereno che faceva il suo giro con la sua lampada e Oh quel pauroso torrente laggiù in fondo Oh e il mare il mare qualche volta cremisi come il fuoco e gli splendidi tramonti e i fichi nei giardini dell'Alameda sì e tutte quelle stradine curiose e le case rosa e azzurre e gialle e i roseti e i gelsomini e i gerani e i cactus e Gibilterra da ragazza dov'ero un Fior di montagna sì quando mi misi la rosa nei capelli come facevano le ragazze andaluse o ne porterò una rossa sì e come mi baciò sotto il muro moresco e io pensavo bè lui ne vale un altro e poi gli chiesi con gli occhi di chiedere ancora sì e allora mi chiese se io volevo sì dire di sì mio fior di montagna e per prima cosa gli misi le braccia intorno sì e me lo tirai addosso in modo che mi potesse sentire il petto tutto profumato sì e il suo cuore batteva come impazzito e sì dissi sì voglio sì..."

J. Joyce "Ulisse" 1921

giovedì 19 giugno 2008

Quello che io, quello che tu...

...ho delle evidenti difficoltà a palesarti
in modo comprensibile
quanto siano mentalmente stimolanti
la tua estrema sintesi e il tuo
ficcante pragmatismo...
qui e ora più che mai...
e quindi alla fine mi ritrovo a poterti
semplicemente e banalmente
solo ringraziare...
sono costantemente (comunque)
alla ricerca di una modalità
esteticamente più consona.

mercoledì 18 giugno 2008

...selettivo riguardo alla realtà da accettare...

...la negazione plausibile è una strategia utilizzata affinché un'azione decisa da un elemento venga realizzata senza che questa sia riconducibile a lui. Nonostante all'esterno possa apparire palese il legame tra l'elemento mandante e l'azione, il fatto che non si sia colpevoli fino a prova contraria garantisce che, fintanto sarà plausibile negare i legami con l'azione, l'elemento rimarrà scagionato...
normalmente viene utilizzata per azioni che porterebbero discredito all'elemento mandante...



Abbasso e alè
abbasso e alè
abbasso e alè con le canzoni
senza fatti e soluzioni
la castità
la verginità
la sposa in bianco il maschio forte
i ministri puliti i buffoni di corte
ladri di polli
super pensioni
ladri di stato e stupratori
il grasso ventre dei commendatori
diete politicizzate
evasori legalizzati
auto blu
sangue blu
cieli blu
amore blu
rock and blues
NUNTEREGGAEPIU'
Eya alalà
pci psi
dc dc
pci psi pli pri
dc dc dc dc
Cazzaniga
avvocato Agnelli Umberto Agnelli
Susanna Agnelli Monti Pirelli
dribbla Causio che passa a Tardelli
Musella Antognoni Zaccarelli
Gianni Brera
Bearzot
Monzon Panatta Rivera D'Ambrosio
Lauda Thoeni Maurizio Costanzo Mike Bongiorno
Villaggio Raffa Guccini
onorevole eccellenza cavaliere senatore
nobildonna eminenza monsignore
vossia cherie mon amour
NUNTEREGGAEPIU'
Immunità parlamentare
abbasso e alè
il numero 5 sta in panchina
s'è alzato male stamattina
mi sia consentito dire
il nostro è un partito serio
disponibile al confronto
nella misura in cui
alternativo
aliena ogni compromesso
ahi lo stress
Freud e il sess
è tutto un cess
ci sarà la ress
se quest'estate andremo al mare
solo i soldi e tanto amore
e vivremo nel terrore che ci rubino l'argenteria
è più prosa che poesia
dove sei tu? non m'ami piu'?
dove sei tu? io voglio tu
soltanto tu dove sei tu?
NUNTEREGGAEPIU'
Ue paisà
il bricolage
il quindicidiciotto
il prosciutto cotto
il quarantotto
il sessantotto
il pitrentotto
sulla spiaggia di capocotta
Cartier Cardin Gucci
portobello e illusioni
lotteria a trecento milioni
mentre il popolo si gratta
a dama c'è chi fa la patta
a settemezzo c'ho la matta
mentre vedo tanta gente
che non c'ha l'acqua corrente
e non c'ha niente
ma chi me sente...
ma chi me sente
e allora amore mio ti amo
che bella sei
vali per sei
ci giurerei
ma è meglio lei
che bella sei
che bella lei
vale per sei
ci giurerei
sei meglio tu
che bella sei
NUNTEREGGAEPIU'

R. Gaetano 1978

lunedì 16 giugno 2008

Nemmeno una nuvola



« Ciò che ci divide non è il fatto che noi non troviamo nessun Dio, né nella storia, né nella natura, né dietro la natura, ma che quello che è stato adorato come Dio noi non lo troviamo affatto "divino", ma al contrario pietoso, assurdo, dannoso; non solo perché è un errore, ma perché è un crimine contro la vita. »
(Friedrich Nietzsche, L'Anticristo, cap.XLVII)

giovedì 12 giugno 2008

...quando non ho più blu metto del rosso...



"...molti molti anni fa, un tale mi disse che negare i propri sogni equivale a vendere la propria anima...ero giovane allora e non sapevo che quelle parole avrebbero trovato un loro particolare posto dentro di me e che sarebbero rimaste mie per sempre...però ricordo di aver battuto le palpebre e di aver scosso il capo annuendo come se quegli stessi movimenti mi spingessero ancor più dentro la verità...ero pieno di sogni...sogni...sogni...sogni e ancora sogno e la balena è un sogno...quand'ero bambino e vivevo lontano dal mare, giocare con le navi era la mia passione, bastava un pezzetto di legno nell'acqua non avevo bisogno di vele o vapore solo della fantasia e le mie navi navigavano in acque calme come l'olio o sbattute dalle più terribili tempeste...dighe e moli erano i posti dove giocavo e passavo ore interminabili sulla riva o su una banchina a guardare battelli di ogni tipo o bandiera entrare e uscire dal porto, gettare l'ancora o fermarsi al largo con gli uomini che venivano a terra a bordo di piccole lancie...me ne stavo a guardare la marea che cambiava lentamente la posizione delle navi che davano stratti alle catene...guardavo e sognavo e la sera poi sdraiato a letto mi lasciavo trascinare dalla fantasia da ogni parte e così partivo per luoghi che avevo visto solo in fotografia, col nostro rimorchiatore che affrontava i marosi di Capo Hattanas o navigava tra le isole Kay...nomi che suonavano lontanissimi e romantici...un giorno finalmente saltai a bordo di un rimorchiatore e attraversai il porto nei due sensi...stavo vivendo un sogno e un vecchio marinaio di coperta mi guardava sorridendo e mi parlò del tempo passato per mare e di tutti i paesi che aveva visitato e di tutti gli oceani che aveva solcato, mi parlò anche di quando era imbarcato su di una baleniera e dell'aspetto che avevano le balene che navigavano il mare e degli improvvisi spruzzi quando balzavano fuori dall'acqua e dello schianto delle enormi code quando frustavano la superficie del mare...e imitò persino la voce della balena...il capitano mi lasciò restare nella timoniera e perfino mi permise di prendere il timone per un attimo, ma quelle poche ore le passai quasi tutte con il vecchio marinaio di coperta ad ascoltare storie...storie di balene...per giorni e notti rivissi poi quel giorno sognando sempre di insegnare a danzare alle balene...
Non ancora ventenne presi finalmente il mare...tutta una vita passata a sognare del mare si spense ed iniziò un'altra vita in cui il sogno veniva in realtà vissuto...non mi imbarcai mai su una baleniera, però ho visto molte volte le balene affiorare alla superficie causando appena qualche increspatura e apparivano così dolci e forti e indomabili e appoggiato al parapetto a guardarle col pensiero io gli insegnavo a danzare e loro gridavano la loro gioia guizzando intanto e volteggiando nell'acqua agitando la gran coda a tempo gioiosamente con la musica...e quando giungeva il momento cantavano l'ultima nota e salutavano agitando la coda e inevitabilmente proseguivano per la loro strada e io per la mia sempre appoggiato al parapetto fissando lo spegnersi delle increspature e sentendo che una parte di loro era ancora con me e una parte di me era ancora con loro...più o meno insomma divennero parte del mio sogno...una parte stranamente importante quanto me stesso...ma bisognava essere in due a fare quel sogno e ancora bisogna...
Benchè sia sbarcato da diversi anni ormai, ancora oggi sogno, siamo tutti ex marinai qui e parliamo dei tanti porti che abbiamo visitato, delle infinite genti, degli innumerevoli paesi che abbiamo visto, molti dei quali hanno cambiato nome decine di volte...però cerco di stare quanto più possibile da solo a guardare il porto...un porto che un tempo era stipato di barche di ogni tipo e che ora è solo attraversato di tanto in tanto da qualche nave...come tutto è cambiato...il mio sogno invece è immutato, lo continuo...chiudo gli occhi e sento la musica e loro vengono tutte intorno a me e ballano e cantano...com'è bello vedere il mare scorrere giù dai loro dorsi che brillano e luccicano e anche se sono di proporzioni mostruose provocano appena qualche increspatura quando navigano i mari infiniti...e io le chiamo con le mani alla bocca e le saluto con un forte e felice SALVE AMICHE!!...e loro agitano la coda e balliamo e ridiamo e questa cosa chiamata morte non esiste più...io so che finchè il mio cuore e quella leviatanica parte di me senza età nè tempo sono riempiti dal mio sogno, dalla mia visione delle amiche danzanti...so che c'è solo vita...una vita immensa e forte e bella e dolcissima e gioiosissima come le mie amiche e dove vanno loro vado io...siamo dunque inseparabili e la mia vita è la loro e la loro è la mia e facciamo tutti parte dello stesso sogno..."

H. Selby Jr. "Il canto della neve silenziosa"

...gli influssi sono forze...occasioni...personalità...irresistibili come maree...sono qualcosa di intravisto con la coda dell'occhio...di sfuggita...che viene inevitabilmente dotato di vita e di conseguenze...gli influssi erano e sono inesorabili...

lunedì 26 maggio 2008

...assolo...rinunciare?

Addio bei sogni ridenti del passato...la mia bellezza è impallidita e il mio amore non è qui...lui che avrebbe saputo consolare questa mia anima stanca...Dio...puoi guardare questa donna traviata e sorriderle e perdonarla e prenderla con te?...è finita sai...finito tutto...tra poco non ci saranno più gioie nè dolori...niente...è strano come ogni cosa finisca...ogni cosa...è comunque un fine la morte...puoi inventarti tutte le avventure che vuoi ma alla fine di qualsiasi viaggio è quel confine che ti trovi davanti...la morte...sulla mia morte non ci saranno lacrime o fiori...non ci sarà un nome e nella terra sulla mia morte nemmeno una croce...

...ineluttabilità...



...nessuna penna...inchiostro...tavolo...stanza...pace...e nessuna inclinazione...

Vi veri veniversum vivus vici



...per vostra protezione...

"Immagino che vi stiate domandando perché vi ho convocati questa sera. Bé...il fatto è che ultimamente non sono molto soddisfatto delle vostre prestazioni. Vi siete un po' lasciati andare sul lavoro e, bé temo che ci sia il rischio che vi dobbiamo licenziare. Oh, lo so, lo so, è da un pezzo che siete con la società. Da quasi... vediamo, da quasi ventimila anni. Come passa il tempo...Sembra solo ieri...Ricordo il giorno in cui foste assunti, ingenui e nervosi, scendeste dagli alberi stringendo un osso nei pugni pelosi "Che cosa devo fare, signore?" domandavate...lamentosi. Ricordo le mie precise parole: "Laggiù c'è una pila di uova di dinosauro" dissi sorridendo paternamente "Comincia a succhiare, giovanotto". Ne è passato di tempo da allora, vero? Sì, sì, lo so che non avete mai perso un giorno di lavoro. Siete stati dei dipendenti bravi e fidati. E poi, non crediate che mi scordi delle vostre ottime note personali, né di tutte le ottime cose che avete fatto per la società. Il fuoco, la ruota, l'agricoltura...un elenco davvero impressionante...vecchio mio...non c'è dubbio.Però...anche noi abbiamo avuto i nostri problemi, da questo non si scappa. E ora vi dirò da cosa nascono, secondo me, questi problemi. Si tratta della vostra indisponibilità a farvi strada nella società, a farvi carico di responsabilità vere, di essere autonomi. Dio sa che le occasioni non vi sono mancate. Vi abbiamo offerto più di una volta una promozione ma voi avete sempre rifiutato. "Non ce la farei, capo" piagnucolavate, "conosco i miei limiti". Siamo franchi...questa è cattiva volontà, no? Riposate da troppo tempo sugli allori, e questo comincia a vedersi sul lavoro. E anche, lasciatemelo dire, in tutto il vostro comportamento. Sono al corrente dei costanti litigi in fabbrica e anche dei recenti episodi di teppismo in mensa...mi dicono che non riuscite ad andare d'accordo col vostro coniuge, che gridate, che litigate, si parla anche di violenza...insomma, così non va! E se la qualità del lavoro è calata non serve imputarlo alla direzione, anche se bisogna ammettere che la direzione è pessima. Anzi, senza peli sulla lingua, la direzione è inetta. Una serie di pazzi, truffatori e cialtroni ha preso una serie di decisioni catastrofiche, questo è indiscutibile, ma chi li ha eletti? Voi! Voi li avete eletti! Voi avete permesso loro di decidere per voi! Sarà anche vero che chiunque può sbagliare ma continuare per secoli a commettere gli stessi errori micidiali mi sembra perverso. Voi avete incoraggiato questi incompetenti in malafede che hanno portato alla rovina la società. Voi avete accettato supinamente i loro ordini insensati. Voi avete permesso loro di riempire la fabbrica di macchinari pericolosi e mai collaudati. Avreste potuto fermarli. Sarebbe bastato dire "No", siete degli smidollati, non avete orgoglio. Non siete più utili alla società... Questo è tutto. Potete tornare al lavoro. I programmi normali riprenderanno al più presto..."

liberamente tratto da "v for vendetta"

...è tutto...l'entrata perfetta...la grande illusione...è tutto e farò crollare il teatro dagli applausi...

giovedì 15 maggio 2008

...rattristatrice dell'io?



"...dalle montagne a nord soffiava il vento e la prateria davanti a lui si era fatta scura sotto le nuvole che correvano. Il cavallo si trascinava con la testa bassa e Billy cavalcava eretto, con il cappello tirato sugli occhi. Il paesaggio era tutto acacie e creosoto che spuntavano dal terreno ghiaioso; non c'erano staccionate e l'erba era poca. Poche miglia più avanti incontrò la strada asfaltata e fermò il cavallo. Un camion passò cigolando e si allontanò...il vento del deserto portava con sè accenni di pioggia...l'erbaccia cresciuta sul ciglio della strada veniva scossa e frustata dal vento...voltò il cavallo e si diresse verso certi edifici che aveva visto. Sul ciglio della strada si vedevano pneumatici sventrati di camion, avvolti a spirale e ingarbugliati come la pelle squamata e annerita al sole di vecchi sauri del deserto. Il vento soffiava da nord, poi incominciò a piovere, sempre più forte a raffiche sulla strada che gli si apriva davanti.
Erano tre edifici di adobe costruiti proprio lungo la strada; un tempo erano stati una stazione di posta; avevano il tetto quasi interamente sfondato e la maggior parte delle travi del soffitto erano cadute...davanti agli edifici vi era una vecchia pompa di benzina arancione tutta arrugginita...con il vetro rotto. Portò il cavallo nel più grande degli edifici e gli tolse la sella, che appoggiò sul pavimento. In un angolo c'era un mucchio di fieno, che prese a calci per spargerlo a terra o forse semplicemente per vedere che cosa contenesse. Era asciutto e impolverato e aveva un affossamento, lì dove qualcuno aveva dormito...prese le coperte e le allargò sul fieno...si sedette a mangiare sardine in scatola, guardando la pioggia...in quel momento un cane giallo girò intorno all'edificio, entrò dalla porta aperta e si fermò...prima guardò il cavallo...poi girò la testa e lo guardò...era un cane vecchio, col muso grigio e orribilmente storpio nelle zampe posteriori...anche la testa era storta rispetto al resto del corpo e il cane si muoveva in maniera grottesca. Una bestia artritica e sbilenca che si trascinava lateralmente e annusava il pavimento per sentire l'odore dell'uomo...sollevò la testa e annusò l'aria nel tentativo di riconoscere quella che i suoi occhi lattescenti mezzo ciechi gli prospettavano come una mera ombra.
Billy spostò con attenzione le sardine da un lato...nell'umidità si sentiva l'odore dell'animale...fermo...poco dentro la porta...con la pioggia che cadeva tra le erbacce e nella ghiaia alle sue spalle; la bestia era bagnata e malandata...piena di cicatrici e avrebbe benissimo potuto essere il risultato di una ricostruzione operata da folli vivisezionisti che avessero riassemblato una bestia con pezzi provenienti da animali diversi...rimase immobile...poi si scosse in quella sua maniera grottesca e zoppicando si spostò, fino all'altro angolo della stanza...poi guardò indietro...si girò tre volte e si coricò.
Billy pulì la lama del coltello sui pantaloni, lo posò sulla scatola di sardine e si guardò attorno; staccò un pezzo di fango indurito dal muro e lo gettò verso l'animale...il cane emise uno strano gemito ma non si mosse...vattene gridò...il cane mugolò e rimase fermo...bestemmiò a bassa voce e si alzò in piedi e si mise a cercare un'arma; il cavallo lo osservò, poi si voltò verso il cane...Billy attraversò la stanza, uscì alla pioggia e fece il giro intorno all'edificio...quando tornò aveva in pugno un tubo lungo un metro...andò in direzione del cane...dai gridò...vattene...il cane si alzò con un lamento, si trascinò lungo il muro e zoppicando uscì nel cortile...quando Billy si girò per tornare alle sue coperte, il cane gli sgattaiolò di fianco, rientrando nell'edificio...Billy si voltò...lo inseguì sempre con il tubo in mano e il cane...sempre trascinandosi uscì di nuovo.
Billy lo seguì...il cane si era fermato sul ciglio della strada...sotto la pioggia e guardava indietro...forse un tempo era stato un cane da caccia...forse era stato abbandonato tra le montagne perchè creduto morto o sul ciglio della strada...depositario di diecimila cose indegne e araldo di Dio sa cosa...
Billy si chinò, afferrò alcuni sassolini e glieli tirò...il cane sollevò la testa deforme ed emise un mugolio bizzarro...andò verso il cane e questi si incamminò lungo la strada...lo inseguì gridando e poi gettò il tubo che cadendo a terra produsse un suono metallico...rotolando sulla strada alle spalle dell'animale...il cane ululò nuovamente e incominciò a correre, zoppicando su quelle gambe storte e tenendo sempre quella strana testa piegata sul collo...mentre correva sollevò di lato il muso e ululò di nuovo emettendo un suono terribile...qualcosa che non apparteneva a questa terra, come se un terribile cumulo di dolore si fosse insinuato dal passato...trotterellando risalì la strada nella pioggia con le gambe ferite, continuando a ululare tutta la disperazione che aveva nel cuore, fino a che non scomparve del tutto...poi svanì anche il suo ululato.
Billy si svegliò nel bagliore del mezzogiorno e si levò a sedere tra le coperte che puzzavano di rancido. Mentre la osservava, l'ombra del legno non lavorato del telaio della finestra sul muro di fronte incominciò ad attenuarsi e ad affievolirsi...come se una nuvola stesse coprendo il sole...con un calcio sollevò le coperte, indossò stivali e cappello, si alzò e uscì...la strada era di color grigio pallido e la luce si stendeva fino all'orizzonte...guardò la strada, verso la luce che si dissolveva...banchi di nuvole scure a nord...guardò di nuovo la strada che gli si apriva dinnanzi sempre più scura...la strada correva verso est ed era priva di sole e di alba e quando guardò nuovamente verso nord la luce si stava allontanando ancora più rapidamente e quel mezzogiorno nel quale si era svegliato era diventato prima una penombra aliena e poi un'oscurità aliena.
Fece qualche passo...dalle montagne soffiava un vento freddo, che fendeva le pendici occidentali del continente, dove la neve estiva sovrastava la linea degli alberi e attraversava le foreste di abeti e di pioppi e soffiava sulla pianura desertica più a valle. Aveva smesso di piovere quella notte...Billy arrivò sulla strada e chiamò il cane...chiamò più volte...fermo in quell'oscurità inspiegabile...non si sentivano rumori, tranne quello del vento...dopo un pò si sedette sulla strada...si levò il cappello e lo posò sull'asfalto davanti a sè...chinò la testa...si strinse il viso tra le mani e pianse...rimase lì a lungo...poi il cielo a est incominciò a farsi grigio, poi si levò il sole vero...ancora una volta per tutti...senza distinzioni"

C. McCarthy "Oltre il confine"

...andrà tutto per il meglio?...la desolazione è desolazione dappertutto e la desolazione è tutto ciò che abbiamo e la desolazione non è poi così male...

lunedì 12 maggio 2008

figure retoriche?



Io che nulla amo più
dello scontento per le cose mutabili,
così nulla odio più del profondo scontento
per le cose che non possono cambiare.

B. Brecht

...e all'improvviso tutto gli fu chiaro...




Raymond Carver fece durante tutta la sua vita una cosa molto particolare...scrisse racconti...ma racconti brevi a volte anche brevissimi...in realtà le sue erano fotografie...o se volete pensare alla vita come ad un nastro, tagliava dei piccoli segmenti di questo nastro e li appiccicava sulla carta...li imprimeva...in questo è stato forse il più grande di tutti...
La vita che lui lasciava scorrere e ogni tanto tagliuzzava, era la sua vita, ma era al tempo stesso la vita di noi tutti e in genere il suo era uno sguardo da polaroid...da istantanea che inchiodava...impietosa...uno sguardo freddo e feroce e sgradevole...aveva dalla sua questo ghiaccio e non si commuoveva mai molto...

In uno dei suoi racconti ci sono un uomo e una donna sposati in un angolo qualunque dell'America e succede che un giorno arriva un vecchio amico della moglie...ed è sempre imbarazzante quando arriva il vecchio amico della moglie che tu non conosci...e questo è cieco...proprio cieco dice Carver...non dice non vedente o robe del genere...cieco...e questo era anche il suo modo di scattare fotografie...inchiodare le cose con il loro nome...chiamarle...e questo racconto dall'inizio alla fine è proprio lì per fotografare quello che di orrendo (nella sua assoluta banalità)o di stupefacente...può succedere in noi...

"Qesto cieco, un vecchio amico di mia moglie, stava arrivando da noi per trascorrere la notte. Sua moglie era morta e lui era in visita ai parenti della defunta...aveva telefonato a mia moglie dalla casa dei suoceri, avevano preso accordi, sarebbe arrivato in treno, un viaggio di cinque ore e mia moglie sarebbe andato a prenderlo alla stazione. Non lo vedeva da quando aveva lavorato per lui un'estate a Seattle, lei e il cieco si erano poi tenuti in contatto, avevano inciso dei nastri e se li scambiavano per posta...io non ero entusiasta di quella visita, quella persona non la conoscevo e il fatto che fosse cieco mi infastidiva...l'idea che avevo io della cecità proveniva dal cinema, nel film i ciechi si muovono sempre lentamente, senza mai ridere e a volte sono guidati dai cani..un cieco in casa non era il mio ideale..."

Va la moglie da sola a prendere il cieco alla stazione, lo porta a casa, il marito li aspetta sulla porta, i due scendono dalla macchina, il marito vede questo qui che arriva e la prima cosa che nota, che pensa e dice dentro di sè...ma guarda questo cieco...ha la barba...che ci fa un cieco con la barba, non è che al mattino davanti allo specchio se la guarda e se la sistema...che ci fa un cieco con la barba e mentre pensa a queste cose il cieco è lì...davanti a lui e lui deve dire qualcosa nell'imbarazzo più totale e la prima cosa che dice è "salve" e la seconda "com'era la vista dal treno? bella eh?"...e per la miseria...poi cerca di recuperare e dice "...no perchè...in quella ferrovia se uno è seduto a destra vede il fiume Hudson...no...a sinistra...no...vabbè..."...la moglie lo inchioda con gli occhi...si gira ed entra in casa...

"...non avevo mai incontrato e conosciuto personalmente uno che fosse cieco, questo qui era vicino ai 50, di corporatura pesante, avviato verso la calvizie, aveva le spalle curve come se ci portasse sopra un grande peso e indossava calzoni marroni, scarpe marroni,una camicia marrone chiaro, cravatta e una giacca sportiva, chic, aveva anche il suo bel barbone, ma non usava il bastone e non aveva occhiali scuri...io avevo sempre pensato che gli occhiali scuri fossero di prammatica per i ciechi, ma a ben guardare c'era qualcosa di diverso in lui...troppo bianco nell'iride tanto per cominciare e le pupille sembravano muoversi nelle occhiaie senza che lui riuscisse a fermarle, era una cosa da brividi e mentre fissavo la sua faccia vidi la pupilla sinistra voltarsi verso il naso, mentre l'altra si sforzava di tenersi ferma, ma era solo uno sforzo giacchè quell'occhio stava andandosene a spasso senza che lo sapesse o lo volesse..."

E' sera e bevono e mangiano e durante la cena parlano soprattutto la moglie e il vecchio amico, il marito è imbarazzato, non ha storie da raccontare e per tutta la cena guarda il cieco che taglia la carne...perfetta...ma non è una bella cena per lui e appena può si alza e dice...vabbè...magari accendo un pò la tv...bell'idea...e la moglie lo odia anche se affettuosamente e mentre si alzano per andare verso il divano la moglie sale un attimo al piano di sopra a cambiarsi...e la situazione è: un marito seduto sul sofà accanto ad un vecchio amico della moglie, cieco, da soli, davanti ad una tv accesa...una situazione assurda...e allora il marito dice...senti potremmo farci uno spinello...e il cieco non ha mai fatto spinelli in vita sua e dice veramente non ho mai provato...bè c'è sempre una prima volta...ma si dai si spinello e via...
Torna la moglie e si siede tra i due sul divano...e di nuovo la situazione è: un divano qualunque in un pezzo di America qualunque con seduti un marito, una moglie addormentata e un vecchio amico della moglie, cieco, con i resti di uno spinello, davanti alla tv accesa e alla tv danno un documentario sulle cattedrali...

"La telecamera si spostò su una cattedrale ale porte di Lisbona, la differenza tra la cattedrale portoghese e quella francese o italiana non era poi così grande, soprattutto riguardava gli interni, al che mi ricordai una cosa e dissi al cieco, mi sono ricordato di una cosa, hai idea di cosa sia una cattedrale? cioè mi spiego, se qualcuno ti dice cattedrale hai un'idea di cosa stia dicendo? la conosci per esempio la differenza tra una cattedrale e una chiesa battista?
Il cieco lasciò che il fumo gli defluisse lentamente dalla bocca so che per le cattedrali sono stati necessari centinaia di operai e cinquanta o cento anni di costruzione, ho appena sentito quell'uomo che lo diceva alla tv; so che generazioni di una stessa famiglia hanno lavorato ad un unica cattedrale e che gli uomini che hanno cominciato all'inizio della loro vita a costruire la cattedrale non l'hanno mai vista completata...in questo senso amico...non sono certo diversi da tutti noi...e poi si mise a ridere e poi di nuovo le palpebre gli si abbassarono, la testa gli andava su e giù...sembrò essersi assopito...cattedrali disse il cieco...si tirò su e scosse la testa avanti e indietro...se vuoi che ti dica la verità vecchio, è tutto quello che so, quello che ho appena detto, quello che gli ho sentito dire, ma forse tu potresti descrivermene una...magari lo facessi...mi piacerebbe...se proprio vuoi saperlo non ho un'idea molto chiara di cosa siano...
Io fissai a lungo la cattedrale sullo schermo...come cominciare a descriverla...ma poniamo che ne andasse della mia vita, poniamo che la mia vita fosse minacciata da qualche pazzo il quale mi avesse ingiunto di descriverla pena la morte...fissai ancora per qualche attimo la cattedrale ma era inutile...mi voltai verso il cieco e dissi...tanto per cominciare sono alte...e poi ci prova a spiegare e parla di viadotti, di statue, di molti crocifissi e di cose che è come se si buttassero giù dal viadotto, in parte statue e in parte mostri, e poi archi e vetrate...ma non riesce veramente a dirgli com'è fatta e alla fine...senti...sai cosa ti dico...le cattedrali sono una cosa che si vede ogni tanto alla televisione la notte tardi...
Fu in quel momento che il cieco si schiarì la gola...capisco amico...va bene così...succede...non ti preoccupare...sta a sentire me lo faresti un piacere? mi è venuta un'idea...perchè non tiri fuori un foglio di carta pesante e una penna...voglio che facciamo una cosa...dipingeremo una cattedrale insieme...dai amico...vai a prenderli...così io andai di sopra, nella stanza di mia moglie mi guardai attorno e trovai delle biro in un cestino che aveva sul tavolo e poi provai a pensare dove avrei potuto trovare il tipo di carta che voleva lui...dabbasso in cucina trovai una sporta con in fondo della carta lucida...svuotai la sporta...la scossi...portai la carta in salotto e mi sedetti...spostai degli oggetti...spiegai la carta tutta spiegazzata e la misi sul tavolino...il cieco si accomodò sul tappeto accanto a me e passò le dita sulla carta...va bene disse...facciamolo...e trovò la mia mano, quella in cui tenevo la biro e sopra ci chiuse la sua...dai vecchio...disegna...disse...io ti verrò dietro...funzionerà...così io cominciai per prima cosa disegnai un quadrato che sembrava una casa, poi ci misi sopra un tetto e ai lati del tetto ci misi dei campanili...roba da matti...benissimo...magnifico...stai andando proprio bene disse lui...hai mai pensato che una cosa del genere potesse capitarti nella vita, vero amico?...bè...la vita è strana lo sappiamo tutti...dai continua...io ci misi dentro le finestre con gli archi, disegnai i contrafforti, ci appiccicai dei grandi portoni...non riuscivo a smettere...la tv cessò anche i programmi...io posai la penna lui aprì le dita e poi tastò la carta, passò le mani su tutto quanto aveva disegnato e annuiva...vai benissimo mi disse...io ripresi la penna e lui mi ritrovò la mano e continuai...ma certo...adesso la vedo...adesso capisco...e adesso mettici della gente...cosa vuoi che sia una cattedrale senza gente...e adesso chiudi gli occhi mi disse il cieco e io lo feci...sono chiusi disse...non fingere...sono chiusi dissi...tienili così e poi non smettere...era una cosa come nessun'altra in vita mia fino a quel momento...poi mi disse penso che vada bene così...secondo me ci sei riuscito disse...dà un'occhiata, come ti pare?ma io avevo gli occhi chiusi e pensai fosse giusto tenerli così ancora per un pò...bè disse lui...stai guardando? io gli occhi li tenevo ancora chiusi...è bellissimo...dissi..."

...chissà perchè alla fine mi ritrovo sempre a pensare che una fondamentale accuratezza d'espressione sia il solo ed unico principio della scrittura...niente trucchi...punto e basta...

venerdì 2 maggio 2008

lunedì 28 aprile 2008

...esempi...




Ci sono parole che hanno il suono di ciò che significano...e non sono tutte banali come rimbombare...un esempio su tutti...addio...addio è come una ferita...come un lampo...come qualcosa che si strappa...ha il suono di ciò che significa...fa male solo a dirlo...figuriamoci a viverlo...


I will leave behind all of my clothes,
I wore when i was with you,
all I need's my railroad boots
and my leather jacket
as i say goodbye to Ruby's arms
although my heart is breaking,
i will steal away out through your
blinds, for soon you will be waking.

The morning light has washed your face
and everything is turning blue now,
hold on to your pillow case
there's nothing i can do now,
as i say goodbye to Ruby's arms,
you'll find another soldier,
and i swear to god by christmastime,
there'll be someone else to hold you.

The only thing i'm taking is
the scarf off of your clothesline,
i'll hurry past your chest of drawers
and your broken wind chimes,
as i say goodbye
i'll say goodbye,
say goodbye to Ruby's arms.

I will feel my way down the darkened hall,
and out into the morning,
the hobos at the freightyards
have kept their fires burning,
so jesus christ this goddamn rain,
will someone put me on a train,
i'll never kiss your lips again
or break your heart,
as i say goodbye
i'll say goodbye,
say goodbye to Ruby's arms.


Mi lascerò dietro tutti i miei vestiti
Che indossavo quand'ero con te
Tutto ciò di cui ho bisogno ora sono i miei stivali da ferroviere
e la mia giacca di pelle
Come dirò addio alle braccia di Ruby
Sebbene il mio cuore sia spezzato
Me ne andrò via attraverso le tue tende
Per un pò resterai sveglia

La luce del mattino ha lavato la tua faccia
e tutto sta diventando blu ora
aggrappati al tuo cuscino
non c'è nulla che possa fare ora
Come dirò addio alle braccia di Ruby;
Troverai un altro soldato
e giuro su Dio che per Natale
ci sarà qualcun'altro a stringerti

L'unica cosa che porto via è
la sciarpa del tuo armadio
mi muoverò veloce tra la cesta dei tuoi pantaloni
e le tue campanelline scosse dal vento
Come dirò addio
Dirò addio,
Dirò addio alle braccia di Ruby

Sentirò la mia via giù per l'oscuro atrio
E fuori verso il mattino
I lavoranti ai cortili merci
hanno tenuto accesi i loro fuochi
così come Gesù Cristo questa maledetta pioggia
Qualcuno mi metterà su un treno
Non bacerò mai più le tue labbra
O spezzerò più il tuo cuore
Come dirò addio
Dirò addio,
Dirò addio alle braccia di Ruby

T. Waits "Ruby's arms"

domenica 27 aprile 2008

...stride la vampa...



...questa è tregua...poesia...magistero supremo dello stile...come trovare gli equivalenti verbali alla trama di un'opera d'arte e poi rappresentarla in maniera inconfondibile ed indimenticabile con le parole...

...ma ora e qui non c'è tregua...

"Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d'orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elmetto simbolicamente numerato 451 sulla stolida testa, con gli occhi tutta una fiamma arancione al pensiero di quanto sarebbe accaduto la prossima volta, l'uomo premette il bottone dell'accensione, e la casa sussultò in una fiammata divorante che prese ad arroventare il cielo vespertino, poi ad ingiallirlo e infine ad annerirlo. Egli camminava dentro una folata di lucciole. Voleva soprattutto, come nell'antico scherzo, spingere un'altea su un bastone dentro la fornace, mentre i libri, sbatacchiando le ali di piccione, morivano sulla veranda e nel giardinetto della casa, salivano in vortici sfavillanti e svolazzavano via portati da un vento fatto nero dall'incendio.
Montag ebbe il sorriso crudele di tutti gli uomini bruciacchiati e respinti dalla fiamma.
Sapeva che quando fosse ritornato alla sede degli incendiari avrebbe potuto ammiccare a se stesso, specie di giullare negro, sporco di carbon fossile, davanti allo specchio. Poi all'atto di coricarsi, si sarebbe sentito quel sorriso, una sorta di smorfia, ancora artigliato nei muscoli facciali, al buio. Non scompariva mai, quel sogghigno, non se n'era andato mai, nemmeno una volta per quanto riandasse con la memoria al passato..."

R. Bradbury "Fahrenheit 451"

...tutto attorno a noi stride...

martedì 22 aprile 2008

...di pure rivederti...la speranza...(omaggio)...



...Tourn, il piemontese, era il più allegro di tutti anche se aveva un pò di paura...l'avevano mandato al nostro battaglione per punizione perchè era rientrato in ritardo dalla licenza...in principio non si era trovato bene con noi ma poi sì...e molto...quando rientrava nella tana, dopo il suo turno di vedetta, gridava "Madamin c'al porta 'na buta!"...Bodei che era bresciano come tutti gli altri, rispondeva "Bianco o negher?"..."Basta c'al sia!" riprendeva Tourn e poi cantava nel suo dialetto "All'ombretta di un cespuglio..."...un giorno gli chiesi "Tourn, hai ricevuto posta da casa?"..."Sì" disse lui "l'ho già fumata tutta"...Tourn infatti raccoglieva tutte le cicche, ne levava il tabacco e con le lettere che riceveva da casa...per via aerea...faceva cartine...lui così fumava sempre e faceva in modo che da casa gli scrivessero sempre per via aerea...per aver carta migliore...più sottile...si fumava "Caro amore mio, ti voglio tanto bene..."...voleva lettere lunghe e dettagliate...

da "Il sergente della neve" di M. Rigoni Stern

...strani i giochi...strane le volute somiglianti a tripli carpiati compiute dalla coscienza nello spostare in un incessante andirivieni le sensazioni dal rimando al ricordo al rimpianto al desiderio o viceversa...o mescolando...

...incredibilmente...nel gioco seppur infinitesimale di queste parole...l’etimologia della parola desiderio ci rimanda al De bello Gallico...i desiderantes erano i soldati che stavano sotto le stelle ad aspettare quelli che dopo aver combattuto durante il giorno, non erano ancora tornati...

...ma desiderio può anche derivare da “de” ovvero lontananza, distacco e “siderium” ossia stella, astro...una condizione di lontananza da qualcosa che dà calore, luce, emozione...

Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.

Ora a quel vuoto ho congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.

da "Le occasioni" di E. Montale

mercoledì 16 aprile 2008

il viaggio come metafora...o l'importante è andare?



(In constant sorrow through his days)

I am a man of constant sorrow
I've seen trouble all my day.
I bid farewell to old Kentucky
The place where I was born and raised.
(The place where he was born and raised)

For six long years I've been in trouble
No pleasures here on earth I found
For in this world I'm bound to ramble
I have no friends to help me now.

[chorus] He has no friends to help him now

It's fare thee well my old lover
I never expect to see you again
For I'm bound to ride that northern railroad
Perhaps I'll die upon this train.

[chorus] Perhaps he'll die upon this train.

You can bury me in some deep valley
For many years where I may lay
Then you may learn to love another
While I am sleeping in my grave.

[chorus] While he is sleeping in his grave.

Maybe your friends think I'm just a stranger
My face you'll never see no more.
But there is one promise that is given
I'll meet you on God's golden shore.

[chorus] He'll meet you on God's golden shore.


...ansia...frenesia...aspirazione che è sogno e insieme intenso desiderio...alla parola...metamorfosi di lettere e sillabe...il compito di evocare il viaggio...


In nessuna
parte
di terra
mi posso
accasare

A ogni
nuovo
clima
che incontro
mi trovo
languente
che
una volta
già gli ero stato
assuefatto

E me ne stacco sempre
straniero

Nascendo
tornato da epoche troppo
vissute

Godere un solo
minuto di vita
iniziale

Cerco un paese
innocente

G. Ungaretti "Girovago"

lunedì 14 aprile 2008

...la persistenza della visione...



persistenza retinica come persistenza emozionale?

fotogrammi...ripetizione...singole immagini che vengono percepite come immagini in movimento e non come una sequenza di immagini fisse...miracolo dell'impressione...

...due giorni dopo la battaglia di Austerlitz, un uomo a cavallo arrivò al lago di Costanza...un ussaro a cavallo due giorni dopo la battaglia...è pieno inverno...è tutto gelato, il lago, e c'è neve attorno...fa così freddo che se volesse l'ussaro non potrebbe nemmeno togliere la sciabola dal fodero, incrostata di ghiaccio...è fermo davanti al lago e tutto intorno escono dalle baracche i contadini e iniziano a gridare...non andare...si romperà il ghiaccio...morirai...ed escono le donne...hanno questi grembiuli bianchi...li tolgono e li sventolano in aria...il bianco della neve...il ghiaccio...i grembiuli...l'ussaro guarda attorno a sè...guarda il ghiaccio...guarda la neve...i contadini...e poi sprona il cavallo e parte al galoppo...e all'improvviso attorno è immobilità...solo lui che galoppa attraverso il lago e scompare nella nebbia...

succede alle volte, che si apre un libro e si rimane fulminati da un'immagine, da quello che ti appare come il ritratto pennellato di un sentimento...a volte non ha spiegazione...ti colpisce forte come se avesse dentro di sè qualcosa che crepita per emergere e ti usa per farlo...tramanda un pezzo di qualcosa in cui tu c'entri...è qualcosa che hai dimenticato forse...ma poi pensi che un giorno dovrai spiegare qualcosa a qualcuno e ti servirà proprio quell'immagine lì...sospensione...attesa...galleggiamento...

...l'ussaro attraversa il lago...vivo...e poi attraversa villaggi, paesi...cerca un posto, non lo trova...viaggia...continua a cavalcare...poi un giorno ci arriva in questo posto...in questo paese...ma non trova nulla...il paese è morto, tutti morti...trova una vecchietta che gli offre da mangiare e gli racconta la storia..è arrivata la peste delle anime in questo paese e ha cancellato tutto e attorno a lei è solo più rovina...c'è solo lei e lo invita a restare, ma l'ussaro dice no, che non può restare, che deve partire, proseguire...proseguire per dove? dove dovete andare? io cerco un paese, un paese come il mio...ho tutto il tempo al mondo per trovarlo...tutto il tempo al mondo...

e non è una risposta...non è una vera risposta...ma ha a che fare con te...che forse quello che si fa sempre è cercare il proprio paese e spiegare a qualcuno perchè non rimani, perchè lo devi lasciare, perchè devi proseguire e poi andare, cavalcare, attraversare laghi per andare a cercare un paese com'era il tuo...e allora...misteriosa persistenza...ti verrà in mente l'ussaro e tutto il tempo al mondo...

corsi e ricorsi...




1) "assicurarsi dè nemici"
2) "guadagnarsi delli amici"
3) "vincere o per forza o per fraude"
4) "farsi amare e temere dà populi"
5) "farsi sequire e reverire dà soldati"
6) "spegnere quelli che ti possano o debbano offendere"
7) "innovare con nuovi modi gli ordini antiqui"
8) "sapere intrare nel male, necessitato"
9) "spegnere la milizia infedele, creare della nuova"
10) "mantenere le amicizie dè re e dè principi in modo che ti abbino o a beneficare o offendere con respetto"

...tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi...

liberamente tratto da N. Machiavelli "De Principatibus" 1513

nota al testo...

Tre primi ministri italiani del Novecento curarono edizioni del Principe: Benito Mussolini, autore del Preludio al Machiavelli, pubblicato per la prima volta nel 1924 su «Gerarchia» e usato poi come introduzione a diverse edizioni; Bettino Craxi (N. Machiavelli, Il Principe, presentazione di B. Craxi, Milano, Mondadori, 1986) e Silvio Berlusconi (N. Machiavelli, Il Principe, Milano, Silvio Berlusconi editore, 1992).

giovedì 10 aprile 2008

...i giorni del nulla e della miseria...



La mamma morta m'hanno
alla porta della stanza mia;
Moriva e mi salvava!
poi a notte alta
io con Bersi errava,
quando ad un tratto
un livido bagliore guizza
e rischiara innanzi a' passi miei
la cupa via!
Guardo!
Bruciava il loco di mia culla!
Cosi fui sola!
E intorno il nulla!
Fame e miseria!
Il bisogno, il periglio!
Caddi malata,
e Bersi, buona e pura,
di sua bellezza ha fatto un mercato,
un contratto per me!
Porto sventura a chi bene mi vuole!
Fu in quel dolore
che a me venne l'amor!
Voce piena d'armonia e dice:
"Vivi ancora! Io son la vita!
Ne' miei occhi e il tuo cielo!
Tu non sei sola!
Le lacrime tue io le raccolgo!
Io sto sul tuo cammino e ti sorreggo!
Sorridi e spera! Io son l'amore!
Tutto intorno e sangue e fango?
Io son divino! Io son l'oblio!
Io sono il dio che sovra il mondo
scendo da l'empireo, fa della terra
un ciel! Ah!
Io son l'amore, io son l'amor, l'amor"
E l'angelo si accosta, bacia,
e vi bacia la morte!
Corpo di moribonda e il corpo mio.
Prendilo dunque.
Io son gia morta cosa!

U. Giordano "Andrea Chenier"

lunedì 7 aprile 2008

...congedo...



Godi se il vento ch'entra nel pomario
vi rimena l'ondata della vita:
qui dove affonda un morto
viluppo di memorie,
orto non era, ma reliquiario.

Il frullo che tu senti non è un volo,
ma il commuoversi dell'eterno grembo;
vedi che si trasforma questo lembo
di terra solitario in un crogiuolo.

Un rovello è di qua dall'erto muro.
Se procedi t'imbatti
tu forse nel fantasma che ti salva:
si compongono qui le storie, gli atti
scancellati pel giuoco del futuro.

Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
Va, per te l'ho pregato,- ora la sete
mi sarà lieve, meno acre la ruggine…

E. Montale "In limine"

...inettitudine contro attitudine...a vivere?...lo scontro è qui...titanico...

...può essere l'arte la forma di vita di chi veramente non vive?...un surrogato?...un compendio?...nè rinuncia nè giustificazione...protezione dalla fuggevolezza?

...il miracolo evidente come la necessità...

giovedì 3 aprile 2008

La mozza di Capra


c'era una volta
un ippotalamo campano
che produceva mozzarella di capra
la mozza di capra
era stata di moda
verso la fine dell'800
ma lui
convinto + che mai fosse una risorsa rivoluzionaria
continuava a produrla
naturalmente
faceva schifo a tutti
ma si sà...
nei regimi dispotici
la polizia ti obbliga...
e così che nacque
il gioco:
ammazza la mozza
il lancio trasparente della mozza di capra
all'inizio
la si lanciava a cani e gatti
ma...
poverini...
quasi tutti
la sputavano
e quelli che non la sputavano
morivano a breve
così
furono create dalla mafia
delle discarica abusive
di mozza
altamente tossiche
ma
il desiderio di sbarazzarsene
era troppo alto
e la gente era disposta a tutto
pur di riuscirci...
all'inizio furono solo
dei piccoli agglomerati
in terreni
di proprietà di altri ippotalami
compiacenti
ma il vero dramma
era la megalomania
dell'ippotalamo campano
una sorta di reazione inversa
quanto più il rifiuto si faceva generalizzato
e sempre meno sotterraneo
più l'ippotalamo produceva
produceva
e produceva
ammassi di mozza informe
senza più nemmeno una parvenza di quello che era stato l'aspetto originario
ormai la tossicità
era a livelli tali
che all'atto stesso dello scarico
nelle discariche
tutto l'intorno
subiva mutamenti
orrorifici
miasmi esalavano da pozze di liquami infestanti
mentre orde di vermi
attaccavano gli ammassi informi
nutrendosi della loro tossicità
poi un bel giorno.
il politico che reggeva le fila di tutta sta follia
tirò le cuoia
e l'ippotalamo campano
fu costretto a chiudere
morì solo ed isolato
...

venerdì 28 marzo 2008

...ciò che non...




Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti:
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

E. Montale

lunedì 24 marzo 2008

Tutto ciò che non si può dire se non attraverso il silenzio...



...ed ecco...ad un tratto è cambiata la prospettiva...

...interrogazione...

Ogni macchina fotografica è costituita da una camera, con un'apertura ad un'estremità per permettere alla luce di entrare e con una superficie di visualizzazione o di registrazione per catturare la luce all'altra estremità. La prima apertura è spesso controllata da un meccanismo ad iride (il diaframma), mentre la seconda è costituita da un qualche tipo di sensore fotosensibile, che può essere una pellicola fotografica (macchine fotografiche tradizionali) o un sensore digitale (macchine fotografiche digitali).

Mentre il diaframma controlla la quantità di luce che entra nella camera durante la ripresa, l'otturatore controlla la lunghezza del tempo durante il quale la luce colpisce la superficie di registrazione. Diaframma e otturatore vengono usati insieme per determinare la giusta esposizione.

...quindi...macchine fotografiche...foto...foto come archivi...o foto come sguardi sugli eventi...sguardi complessi...esseri di sguardo...foto come archivio del permanente che non si allontana dal tempo...registra un'immagine del tempo...un'istantanea colta nel suo continuum...recisa da quello che precede...separata da quello che segue...sospensione...un groviglio di nervi che aspetta il momento...che cresce...cresce...e scoppia...ed è racchiuso...ad un tempo...

ed ecco...il parallelismo...la reminiscenza...il racconto...

C'è un signore...in una qualche località della Lituania...che legge il giornale...un giorno qualunque...lo sfoglia, distrattamente...quando gli occhi gli cadono su di un annuncio...particolare...su questo annuncio c'è scritto "Vendesi collezione. Tramonti. Rivolgersi al Signor Tal dei tali in via Tal dei tali"...questo legge e pensa, qui deve esserci un errore di stampa, mancano delle parole...è curioso...è un annuncio curioso...piglia un paio di forbici, lo ritaglia, lo ripiega in quattro e se lo mette in tasca.
Un giorno il signore finisce proprio vicino alla via citata nell'annuncio e preso dalla curiosità, si reca all'indirizzo e vede che stanno traslocando, c'è un camion, uomini che portano fuori mobili...col suo annuncio in mano si avvicina al primo che incontra e gli dice..."senta...io ho questo annuncio...", "oh...meno male che è arrivato...io sono il figlio...è morto, mio padre è morto, sette giorni fa...forse aveva sentito qualcosa...aveva messo questo annuncio sul giornale...voleva vendere tutto...meno male che è arrivato...cos'è, un collezionista anche lei?", "...mah no...veramente io...giusto per curiosità", "venga...venga a vedere..."...lo porta in casa, apre la porta di una stanza vuota e dentro ci sono, barattoli...un grande ammasso di barattoli di tutti i tipi...solo barattoli..."eccoli qua", "eccoli qua...cosa?", "i tramonti", "i tramonti?"...e poi inizia a spiegare...gli dice...si, mio padre al'inizio si occupava di aurore...poi sa alla fine, probabilmente l'età, preferì i tramonti...e adesso abbiamo questa cosa...non so bene dove metterla...speravo venisse qualcuno appunto a comprarla...eccola qui...lei sarebbe, interessato?...non è che lui sia davvero interessato...vede questa montagna di barattoli, non capisce bene...alla fine gliela regala...senta per favore...li prenda...glieli porto io con la mia macchina...e lui un pò incuriosito, un pò perchè a volte nella vita si fanno cose senza senso, accetta...e si ritrova da solo nella sua casa con centinaia di barattoli chiusi.
Su tutti i barattoli c'è una piccola etichetta attaccata...e su questa etichetta c'è sempre il nome di un luogo, una data e una stagione...non sa cosa fare...ne scuote uno...gli sembra di sentire qualcosa ma...nulla...è vuoto...allora ne piglia uno di vetro foderato di carta scura...svita il tappo...lo apre...e d'improvviso...nella stanza esplode un tramonto...l'orizzonte...colori...odori...una cosa bellissima e stranissima lì nella sua stanza...e ne apre un altro...un altro tramonto...decide di aprirne dieci al giorno, sono centinaia e quando ha finito di aprirli tutti, decide che ora si...ha capito quello che deve fare...quindi un giorno esce di casa con un barattolo, va in aperta campagna, aspetta il tramonto e quando arriva, apre il barattolo e cerca di farci entrare il tramonto dentro...ovviamente non ci riesce subito...ma alla fine capisce il segreto...il segreto è che i tuoi sentimenti...le tue idee...i tuoi pensieri...tutto bisognava mettere in quel tramonto...se tu riuscivi a metterci tutto, allora il tramonto ti sarebbe entrato nel barattolo...
Così una sera in aperta campagna...riesce a dimenticare tutto tranne quello che vede e il tramonto all'improvviso si condensa e scivola nel barattolo...allora chiude il barattolo...mette un etichetta e lo pone da parte...sta nascendo una collezione...sua...

T. Kondratas "Il collezionista"

...vedere è un tutto...

...necessario...



Sidùn

(F. De Andrè - M. Pagani, Creuza de mà, 1984)

U mæ ninin u mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d'amë d'amë
tûmù duçe benignu
de teu muaè
spremmûu 'nta maccaia
de staë de staë
e oua grûmmu de sangue ouëge
e denti de laete
e i euggi di surdatti chen arraggë
cu'a scciûmma a a bucca cacciuéi de baë
a scurrï a gente cumme selvaggin-a
finch'u sangue sarvaegu nu gh'à smurtau a qué
e doppu u feru in gua i feri d'ä prixún
e 'nte ferie a semensa velenusa d'ä depurtaziún
perchè de nostru da a cianûa a u meü
nu peua ciû cresce ni ærbu ni spica ni figgeü
ciao mæ 'nin l'eredítaë
l'è ascusa
'nte sta çittaë
ch'a brûxa ch'a brûxa
inta seia che chin-a
e in stu gran ciaeu de feugu
pe a teu morte piccin-a



Sidone

Il mio bambino il mio,
il mio,
labbra grasse al sole
di miele, di miele,
tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell'afa umida
d'estate, d'estate,
e ora grumo di sangue, orecchie
e denti di latte,
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca, cacciatori di agnelli
a inseguire la gente come selvaggina,
finché il sangue selvatico non gli ha spento la voglia,
e dopo il ferro in gola, i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione
perché di nostro dalla pianura al molo
non possa più crescere albero né spiga né figlio.
Ciao bambino mio, l'eredità
è nascosta
in questa città
che brucia, che brucia
nella sera che scende,
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte.